A far luce sulla straordinaria esperienza delle “Amiche della miniera” si è iniziato nei primi anni Duemila e su due versanti: da un lato la ricerca (poi pubblicata nel 2006) sulle donne “Voci, silenzi, immagini”, uno studio dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea (ISGREC) sull’impegno femminile nel grossetano nella seconda metà del Novecento condotto da Luciana Rocchi; dall’altro, la messa a fuoco di una questione in parte rimossa: la vicenda delle vedove della strage del 1954, attraverso una ricerca occasionata dal cinquantesimo anniversario del disastro, poi pubblicata in "Ribolla. Una Miniera Una Comunità nel XX Secolo. La Storia, la tragedia", a cura di I. Tognarini, M. Fiorani, 2005). Ci si è imbattuti così nei temi del lavoro in miniera di alcune donne, della partecipazione femminile alle lotte operaie del secondo dopoguerra e della trasformazione sociale del villaggio dopo la chiusura della miniera. Da qui è partito l’interesse per una specifica ricerca di Barbara Solari, sostenuta dal Comune di Roccastrada, sui modi e i tempi della partecipazione delle donne alla vita politica, civile e sociale di quest’area. La costruzione di una bibliografia tematica e una sistematica opera di scavo negli archivi ha permesso di avere a disposizione un’ampia panoramica di fonti, un quadro di riferimento che si è arricchito e approfondito progressivamente. I risultati della ricerca sono poi confluiti nella pubblicazione "Presenze femminili. Le 'Amiche della miniera' di Riolla (1951-1954)" del 2007.
Fatta eccezione per il libro di Maria Palazzesi, "Ribolla, storia di un villaggio minerario", e, per alcuni aspetti, il volume di Silvia Pertempi, "Montemassi, terra e miniera in una comunità della Maremma", non esisteva una bibliografia specifica sulla storia delle donne ribolline. La gran parte dei volumi che ricostruivano la storia di Ribolla si occupava del movimento operaio e sindacale e dei fatti più importanti e clamorosi, ma è solo con l’emersione di nuove fonti e con la costruzione di nuovi scenari interpretativi che è stato possibile mettere a fuoco l’immagine un po’ sfocata che si aveva delle donne di Ribolla.
Fatta eccezione per il libro di Maria Palazzesi, "Ribolla, storia di un villaggio minerario", e, per alcuni aspetti, il volume di Silvia Pertempi, "Montemassi, terra e miniera in una comunità della Maremma", non esisteva una bibliografia specifica sulla storia delle donne ribolline. La gran parte dei volumi che ricostruivano la storia di Ribolla si occupava del movimento operaio e sindacale e dei fatti più importanti e clamorosi, ma è solo con l’emersione di nuove fonti e con la costruzione di nuovi scenari interpretativi che è stato possibile mettere a fuoco l’immagine un po’ sfocata che si aveva delle donne di Ribolla.
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Teso soprattutto alla ricostruzione di una rete primaria di rapporti istituzionali, di strutture di sopravvivenza, di relazioni precarie e non facili con una popolazione intenta a soddisfare bisogni basilari e radicarsi di nuovo nel lavoro, nel territorio, negli affetti, fra difficoltà di ogni genere, il lavoro politico di quegli anni [Cinquanta, ndr], in particolare quello delle donne, pur potendo contare su una forte carica motivazionale ed emotiva e su spazi sconfinati di intervento civile, sociale e culturale, era infatti dimensionato su problemi enormi e su risorse scarse, su strutture precarie, su contrapposizioni ideologiche frontali e viscerali, e su consuetudini tradizionali di rapporti reciproci fra i generi e fra le classi, che erano sopravvissute alla guerra, al dolore condiviso, alla fatica comune e erano perciò, con ogni evidenza, difficili a morire. Così, svolgendo compiti […] prevalentemente residuali, e affrontando tuttavia di fatto emergenze quotidiane di enorme e vitale importanza per la vita comune, distribuendosi in territori e in settori occupazionali vergini alla politica e all’intervento sindacale, ma non potendo contare su mezzi istituzionali o su inesistenti strutture fisiche, l’impegno politico delle donne in quegli anni non ha lasciato che poche tracce documentali, quasi mai archivi sistematici, raramente elaborazioni regolari e strutturate.
G. Ceccatelli Gurrieri, G. Paolucci, Il paradigma dell’emancipazione. Donne e politica nella Toscana degli anni ’50, 1995. |
L’archivio dell’UDI provinciale, conservato presso il Centro Donna di Grosseto, pur avendo subito una lunga serie di traslochi e di conseguenti perdite, conserva documenti di fondamentale importanza per la ricerca. Della documentazione relativa agli anni Cinquanta rimangono sostanzialmente solo 2 registri delle riunioni del comitato direttivo (prima metà degli anni Cinquanta) e alcuni dati sul tesseramento. Il pezzo più pregiato, ai fini della presente ricerca, è il verbale di costituzione dell’associazione “Le Amiche dei Minatori” del 2 giugno 1951, inserito in un fascicolo riguardante il convegno delle zone minerarie del 1961 e venuto alla luce fortunatamente nel corso di un lavoro di riordino a metà anni Duemila.
Per quanto riguarda l’Archivio del Distretto Minerario della provincia di Grosseto si è rintracciato un solo documento, sebbene anch’esso di notevole importanza storiografica. La consultazione del “Fondo Prefettura” dell’Archivio di Stato di Grosseto ha evidenziato la presenza di alcuni manifesti riguardanti l’attività dell’Associazione “Le Amiche dei Minatori”.
Anche la consultazione dell’Archivio storico del Comune di Roccastrada e quella dell’Associazione Industriali, all’epoca della ricerca non ancora riordinati e quindi di difficile consultazione, ha dato esiti poco fruttuosi. L’Archivio della Federazione provinciale del Partito comunista italiano (PCI) conserva pochissimi documenti risalenti agli anni Cinquanta, nessuno riguardante le donne di Ribolla o l’associazione “Le amiche dei minatori”.
Esiti più proficui ha dato la consultazione delle carte del Sindacato Minatori conservate presso la Biblioteca comunale di Follonica, nel più ampio archivio della Camera del Lavoro provinciale. Particolare importanza rivestono gli atti del processo di Verona, anch’essi conservati presso la Biblioteca comunale di Follonica, dove è stato possibile visionare le testimonianze delle “vedove della Montecatini”, le mogli, le madri e le sorelle dei minatori che morirono nel disastro del 1954. Le carte, che fanno parte del fondo “Solidarietà Democratica”, sono state studiate nel 2004/2005 da Adolfo Turbanti. L’inventario del fondo è stato curato e recentemente pubblicato dalla dott.ssa Simonetta Soldatini.
Fonte atipica, ma non meno importante per la ricostruzione storica, le fotografie conservate in archivi privati e pubblici. In particolare, l’Archivio fotografico di Corrado Banchi di Massa Marittima, il fondo fotografico Edison del Centro per la cultura d'impresa e il repertorio fotografico costruito e messo a disposizione dal Comune di Roccastrada dapprima nel sito www.ribolla2004.it (non più attivo) e confluito nella pubblicazione di M. Cipriani “La miniera a memoria” (2004).
Nel quadro dell’inesistenza pressoché totale di documentazione archivistica sull’attività politica e sociale delle donne di Ribolla, l’utilizzo delle fonti orali ha assunto un peso considerevole, soprattutto per ricostruire il contesto sociale e culturale del villaggio negli anni Cinquanta.
Per quanto riguarda l’Archivio del Distretto Minerario della provincia di Grosseto si è rintracciato un solo documento, sebbene anch’esso di notevole importanza storiografica. La consultazione del “Fondo Prefettura” dell’Archivio di Stato di Grosseto ha evidenziato la presenza di alcuni manifesti riguardanti l’attività dell’Associazione “Le Amiche dei Minatori”.
Anche la consultazione dell’Archivio storico del Comune di Roccastrada e quella dell’Associazione Industriali, all’epoca della ricerca non ancora riordinati e quindi di difficile consultazione, ha dato esiti poco fruttuosi. L’Archivio della Federazione provinciale del Partito comunista italiano (PCI) conserva pochissimi documenti risalenti agli anni Cinquanta, nessuno riguardante le donne di Ribolla o l’associazione “Le amiche dei minatori”.
Esiti più proficui ha dato la consultazione delle carte del Sindacato Minatori conservate presso la Biblioteca comunale di Follonica, nel più ampio archivio della Camera del Lavoro provinciale. Particolare importanza rivestono gli atti del processo di Verona, anch’essi conservati presso la Biblioteca comunale di Follonica, dove è stato possibile visionare le testimonianze delle “vedove della Montecatini”, le mogli, le madri e le sorelle dei minatori che morirono nel disastro del 1954. Le carte, che fanno parte del fondo “Solidarietà Democratica”, sono state studiate nel 2004/2005 da Adolfo Turbanti. L’inventario del fondo è stato curato e recentemente pubblicato dalla dott.ssa Simonetta Soldatini.
Fonte atipica, ma non meno importante per la ricostruzione storica, le fotografie conservate in archivi privati e pubblici. In particolare, l’Archivio fotografico di Corrado Banchi di Massa Marittima, il fondo fotografico Edison del Centro per la cultura d'impresa e il repertorio fotografico costruito e messo a disposizione dal Comune di Roccastrada dapprima nel sito www.ribolla2004.it (non più attivo) e confluito nella pubblicazione di M. Cipriani “La miniera a memoria” (2004).
Nel quadro dell’inesistenza pressoché totale di documentazione archivistica sull’attività politica e sociale delle donne di Ribolla, l’utilizzo delle fonti orali ha assunto un peso considerevole, soprattutto per ricostruire il contesto sociale e culturale del villaggio negli anni Cinquanta.