Davanti ai primi risultati ottenuti e all'accresciuta solidarietà e comprensione della popolazione, le donne capirono di aver bisogno di un'organizzazione più stabile e riconoscibile, che permettesse di svolgere un lavoro capillare in tutti i villaggi minerari della provincia. L'Associazione “LE AMICHE DEI MINATORI” nacque ufficialmente il 2 giugno 1951, giorno in cui fu organizzato dall'Unione donne italiane (UDI) di Grosseto il primo convegno a Massa Marittima.
Formalmente autonoma e apartitica, l’associazione aveva una forte matrice politica di sinistra, che derivava dall’essere una “associazione differenziata” dell'UDI e da uno strettissimo legame con il PCI e il Sindacato Minatori della CGIL. Per attrarre nell’orbita della politica della sinistra le masse femminili, più difficilmente raggiungibili dalla propaganda di partito, fin dal 1947 l’UDI nazionale aveva abbandonato l'organizzazione unitaria per dar vita a una federazione di associazioni differenziate. Alcune particolari condizioni di vita e di status sociale offrivano alle donne specifici obiettivi di lotta, che non si caratterizzavano ancora per essere “rivendicazioni di genere”, è bene sottolinearlo, bensì come motivi di impegno nella, e sostegno alla, politica degli uomini.
Siamo ancora in quella che gli storici chiamano “dimensione pubblica del conflitto”, all’interno della quale l’agire delle donne non si esprime come rivendicazione di diritti propri dello specifico femminile ma come conflittualità rispetto alla società nel suo insieme, alle sue strutture e istituzioni. Il movimento femminile negli anni Cinquanta era ancorato a un processo generale, era una componente significativa ma non autonoma rispetto alla storia di cui gli uomini erano protagonisti e rispetto alle scelte che dettavano i fini della partecipazione. Lo erano, però, o iniziavano ad esserlo, nelle pratiche di lotta, nell’inventarsi modalità di partecipazione a partire dalla (ri)scoperta dell’agire collettivo quale strumento di rivendicazione e visibilità.
Dai registri dell’UDI conosciamo i dati sul numero delle iscritte solo del 1951: Ribolla 160, Montemassi 80, Sassofortino 30, Roccatederighi 10, Roccastrada 48, per un totale di 328 donne nel solo Comune di Roccastrada. Sommate alle 856 iscritte degli altri paesi minerari, le Amiche dei minatori erano 1184 nella provincia.
Formalmente autonoma e apartitica, l’associazione aveva una forte matrice politica di sinistra, che derivava dall’essere una “associazione differenziata” dell'UDI e da uno strettissimo legame con il PCI e il Sindacato Minatori della CGIL. Per attrarre nell’orbita della politica della sinistra le masse femminili, più difficilmente raggiungibili dalla propaganda di partito, fin dal 1947 l’UDI nazionale aveva abbandonato l'organizzazione unitaria per dar vita a una federazione di associazioni differenziate. Alcune particolari condizioni di vita e di status sociale offrivano alle donne specifici obiettivi di lotta, che non si caratterizzavano ancora per essere “rivendicazioni di genere”, è bene sottolinearlo, bensì come motivi di impegno nella, e sostegno alla, politica degli uomini.
Siamo ancora in quella che gli storici chiamano “dimensione pubblica del conflitto”, all’interno della quale l’agire delle donne non si esprime come rivendicazione di diritti propri dello specifico femminile ma come conflittualità rispetto alla società nel suo insieme, alle sue strutture e istituzioni. Il movimento femminile negli anni Cinquanta era ancorato a un processo generale, era una componente significativa ma non autonoma rispetto alla storia di cui gli uomini erano protagonisti e rispetto alle scelte che dettavano i fini della partecipazione. Lo erano, però, o iniziavano ad esserlo, nelle pratiche di lotta, nell’inventarsi modalità di partecipazione a partire dalla (ri)scoperta dell’agire collettivo quale strumento di rivendicazione e visibilità.
Dai registri dell’UDI conosciamo i dati sul numero delle iscritte solo del 1951: Ribolla 160, Montemassi 80, Sassofortino 30, Roccatederighi 10, Roccastrada 48, per un totale di 328 donne nel solo Comune di Roccastrada. Sommate alle 856 iscritte degli altri paesi minerari, le Amiche dei minatori erano 1184 nella provincia.
1-10. Verbale del primo congresso provinciale “Amiche dei minatori”, Massa M.ma 02.06.1951.
Vi presero parte, tra gli altri, Lina Fibbi (UDI nazionale), Eraldo Lucchesi (Federazione prov.le Minatori), Bruna Ristori e Luciana Marchetti (UDI provinciale), Finisia Fratiglioni – indicata nel verbale come Nisia Masotti – in rappresentanza delle donne di Ribolla, gli on. Luigi Cacciatore (segretario generale della CGIL) e Giuliano Pajetta.
[In: Archivio del Centro Donna Grosseto, Serie UDI Grosseto]
Vi presero parte, tra gli altri, Lina Fibbi (UDI nazionale), Eraldo Lucchesi (Federazione prov.le Minatori), Bruna Ristori e Luciana Marchetti (UDI provinciale), Finisia Fratiglioni – indicata nel verbale come Nisia Masotti – in rappresentanza delle donne di Ribolla, gli on. Luigi Cacciatore (segretario generale della CGIL) e Giuliano Pajetta.
[In: Archivio del Centro Donna Grosseto, Serie UDI Grosseto]
1. Volantino dell’Associazione “Le amiche dei minatori”, anni Cinquanta
2. Volantino del “Gruppo donne dei minatori”, 1953
[entrambi in: Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 228]
2. Volantino del “Gruppo donne dei minatori”, 1953
[entrambi in: Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 228]
Comizio di una delle iscritte alle "Amiche dei minatori di Ribolla durante una manifestazione sindacale, marzo 1952, a.s.
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Ecco perché, amiche abbiamo creato questa organizzazione, ecco perché abbiamo lottato e lotteremo nelle forme più svariate come quella delle manifestazioni, come quella delle riunioni di caseggiato, e delle formazione di commissioni che tutti i giorni dovranno recarsi alla Direzione.
La nostra parola d’ordine è stata: rendere impossibile ai dirigenti della Montecatini lo studio comodo dei piani di attacco contro i lavoratori. [Finisia Fratiglioni, in: Verbale di costituzione dell’Associazione prov.le Amiche dei Minatori, 02.06.1951, Archivio Centro Donna Grosseto, Serie UDI] |
Quando la vertenza delle Miniere ebbe inizio le donne dei minatori sentirono che anch’esse avevano una parte importante e che molto dipendeva dalla loro azione. Perciò, cominciando da Ribolla, furono indette riunioni in tutte le località interessate direttamente alla lotta. In queste riunioni avvertimmo la necessità di far conoscere a tutte le donne delle zone minerarie le cause della lotta, le nostre giuste richieste contro il bestiale supersfruttamento, per un radicale miglioramento delle misure igieniche e previdenziali sui luoghi di lavoro, per ulteriore occupazione di mano d’opera nei cantieri, mano d’opera necessaria allo sviluppo dell’Industria mineraria nella nostra provincia e contro la disoccupazione ognora crescente. In centinaia e centinaia e centinaia di riunioni di caseggiato furono avvicinate migliaia di donne, ebbero luogo discussioni chiarificatrici.
[Luciana Marchetti, in: Verbale di costituzione dell’Associazione prov.le Amiche dei Minatori, 02.06.1951, Archivio Centro Donna Grosseto, serie UDI]
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Nel dicembre 1951 la Federazione Italiana Lavoratori Industrie Estrattive (FILIE) affidò la parte dell’inchiesta nazionale sulle condizioni dell’industria estrattiva italiana riguardante le condizioni di vita economiche e ambientali e delle famiglie dei minatori alle organizzazioni di massa femminili. Il Sindacato di Grosseto recepì la circolare della FILIE, incaricando "Le Amiche della miniera" di raccogliere i dati.
Circolare del dicembre 1951 della Federazione Italiana Lavoratori Industrie Estrattive (FILIE), recepita integralmente dalla Federazione provinciale Minatori di Grosseto [Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 221]
Disponiamo di dati del tesseramento solo relativamente al 1951 ma appare chiara una crescita dell'Associazione, non solo in termini puramente quantitativi, tanto che "Le Amiche dei minatori" di Ribolla furono invitate al convegno nazionale della FILIE, a Pesaro fra 23 e 26 ottobre 1952. Della partecipazione al convegno rimangono la relazione delle 280 delegate e la testimonianza di Finisia Fratiglioni. Dal primo documento emerge l’importanza del confronto tra gruppi di donne provenienti dalle più disparate località, di diversa tradizione socio-culturale e differente vissuto, ma accomunate dallo status di mogli, figlie o madri di minatori. Traspare anche la consapevolezza delle donne di essere una parte importante del movimento operaio e che tutto rimane indissolubilmente legato alle istanze maschili. Dal racconto di Finisia Fratiglioni affiorano invece le difficoltà della partecipazione femminile in un movimento al cui centro rimangono gli uomini.
Congresso nazionale della FILIE a Pesaro, 23-26 ottobre 1952
[…] Dalle lotte sostenute ci vengono anche altri insegnamenti. Un ruolo preponderante hanno avuto le donne dei minatori per realizzare le alleanze con la popolazione e fare affermare i diritti dei loro uomini. Certe volte, come nelle miniere del Valdarno, del Grossetano e di Cabennardi, il raggiungimento della vittoria è dipeso proprio dall’entrata in lotta, in massa, delle donne dei minatori. Commissioni di donne si sono recate da tutte le Autorità e le hanno tempestate di visite; sono andate a trovare i cittadini, casa per casa, per chiedere la loro solidarietà; hanno affrontato la Polizia in aperte manifestazioni di strada che sono durate a giorni interi e susseguite a decine e decine di giorni. Che abbiamo fatto per valorizzare questo grande apporto che le nostre donne hanno dato alla lotta? Molto spesso, purtroppo, si è preso atto del loro contributo, si sono elogiate, e tutto è finito lì.
Le associazioni “Amiche della miniera”, iniziativa molto appropriata per valorizzare il contributo dato dalle donne alle lotte per il lavoro ed educarle alla conoscenza dei problemi sindacali dei loro uomini, non è stata neppure presa in esame da diversi nostri sindacati provinciali e locali. […]
Le associazioni “Amiche della miniera”, iniziativa molto appropriata per valorizzare il contributo dato dalle donne alle lotte per il lavoro ed educarle alla conoscenza dei problemi sindacali dei loro uomini, non è stata neppure presa in esame da diversi nostri sindacati provinciali e locali. […]
Estratto dalla relazione al congresso nazionale della FILIE, Pesaro 23-26 ottobre 1952. [il relatore è un uomo ma non vi è nel documento l’indicazione del nome, p. XI-XII [Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 224]
Le Amiche dei minatori, invitate al convegno nazionale della FILIE (Pesaro, 23-26 ottobre 1952), portano in dono la bandiera della pace. È riconoscibile Finisia Fratiglioni sulla destra.
[in: M. Palazzesi, Ribolla. Storia di un villaggio minerario, 1983] |
Tutte le donne delegate furono mandate a dormì in un posto, sarà stata una colonia, con tanti lettini piccini: ci s’aveva i piedi di fori, ti puoi immaginà come ci si stava bene! Non solo, anche a mangià ci mandavano per conto nostro, in una trattoria dove ci davano il lesso rifatto. Così si dormiva male e si mangiava peggio. A un certo momento si disse: – si va a vedè come stanno
loro? – Si trovarono in un Grand Hotel, che mangiavano con tutto apparecchiato che ’un ti dico! E dormì dormivano lì, e che belle camere! Allora gli si disse: – Ah, belli! Voi qui e noi a dormì in quei lettini coi piedi di fori e a mangià il lesso rifatto! Noi si sta ma qui, e si deve esse’ trattati tutti uguale! O chi siamo? – e ci si rimase. Questo per ditti se era facile anche partecipare. [Intervista a Finisia Fratiglioni in: M. Palazzesi, Ribolla. Storia di un villaggio minerario, 1983] |
Relazione delle delegate al primo convegno nazionale della Federazione Italiana Lavoratori Industrie Estrattive (FILIE), Pesaro 23-26 ottobre 1952,
[Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 224]
[Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 224]
Nel maggio 1953 fu organizzato a Ribolla il III convegno provinciale delle “Amiche dei minatori” sotto un tendone perché nessuno voleva dare all’Associazione una stanza, per paura di ritorsioni da parte della Montecatini. Di questo convegno, ad eccezione di una foto di Finisia Fratiglioni, non resta traccia negli archivi e nella stampa locale. È probabile che proprio da lì uscì la proposta di lanciare una petizione per la salvezza della miniera di Ribolla attraverso un piano di risanamento che imponesse alla Montecatini il rispetto delle norme di sicurezza, nonché la fine dello sfruttamento e delle repressioni aziendali.
In un volantino dell’associazione dell’ottobre 1953 e nel verbale della riunione del 23 novembre 1953 del comitato direttivo dell’UDI provinciale si legge infatti che «la petizione per la vita della miniera di Ribolla [è] già in corso». La riunione, che ha lo scopo di organizzare il convegno provinciale dell’UDI, fa il punto della situazione in provincia. Si riscontra un andamento a rilento dell’inchiesta sulle zone minerarie e un forte disinteresse da parte dell’opinione pubblica nei confronti dei «problemi delle Amiche della Miniera».
In un volantino dell’associazione dell’ottobre 1953 e nel verbale della riunione del 23 novembre 1953 del comitato direttivo dell’UDI provinciale si legge infatti che «la petizione per la vita della miniera di Ribolla [è] già in corso». La riunione, che ha lo scopo di organizzare il convegno provinciale dell’UDI, fa il punto della situazione in provincia. Si riscontra un andamento a rilento dell’inchiesta sulle zone minerarie e un forte disinteresse da parte dell’opinione pubblica nei confronti dei «problemi delle Amiche della Miniera».
Finisia Fratiglioni legge il suo discorso al convegno provinciale de “Le amiche dei minatori”, organizzato a Ribolla nel maggio 1953 [in: M. Palazzesi, Ribolla. Storia di un villaggio minerario, 1983]
A un certo punto anzi lo volevano fa’ a Roccastrada perché dicevano: – a Ribolla ’un sapete dove fallo, non vi danno la stanza. Allora si fa a Roccastrada. – Io invece mi ci opposi parecchio perché dissi: – la miniera è a Ribolla e si deve fa’ a Ribolla. ’Un c’è scopo fallo da un’altra parte se qui ’un ci vedano! – Sortì un convegno bellissimo, tutto sotto un tendone di 11 metri per 11 metri. Era un tendone grande grande grande. Si coprì tutto dalle parti co’ una siepina di verde, nel mezzo si portò tanti fiori. Si misero i microfoni fuori per fa’ sentì a tutti. La sera c’era un comizio, c’era Maddalena Rossi, c’era la Del Pozzo. Vennero le donne da tutte le parti della provincia dove c’era una miniera: Piombino, Boccheggiano, Niccioleta, Gavorrano. E tutte quelle dei paesi vicini a Ribolla. Si parlava delle miniere. Non solo di quella di Ribolla, ma certo quella era la più importante. E riuscì benissimo quel convegno.
(Intervista a Finisia Fratiglioni in: M. Palazzesi, Ribolla. Storia di un villaggio minerario, 1983)
(Intervista a Finisia Fratiglioni in: M. Palazzesi, Ribolla. Storia di un villaggio minerario, 1983)
Volantino dell’Associazione “Le amiche della miniera”, ottobre 1953 [Archivio della Camera del lavoro di Grosseto, b. 228]
Nei mesi precedenti lo scoppio della miniera, anche le donne denunciarono, e ad alti livelli, le responsabilità della Montecatini nella mancata predisposizione di norme di sicurezza. Un espresso riservato del Ministero dell’Industria e del Commercio, Direzione generale delle Miniere, datato 21 gennaio 1954 e indirizzato all’ingegner capo del Distretto, il Ministero del Lavoro rende noto che da informazioni pervenute dalla Prefettura di Grosseto una delegazione di donne della zona di Ribolla, capeggiata dalla madre costituente On. Maria Maddalena Rossi del PCI, si proponeva di consegnare una petizione volta a promuovere un’inchiesta parlamentare sulla mancata applicazione delle norme di sicurezza e di polizia mineraria da parte della Società Montecatini, nonché sulla presunta intenzione di smobilitazione della miniera.
Siamo a meno di 4 mesi dallo scoppio di grisou in cui perderanno la vita 43 minatori. |
Maria Maddalena Rossi (clicca sull'immagine per leggerne la biografia)
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